Il futuro incerto delle gloriose varietà dioiche italiane

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In questo articolo
1 / I possibili utilizzi di queste storiche varietà italiane di canapa industriale

Il nuovo articolo del dottor Giampaolo Grassi, già primo ricercatore del CREA-CIN e uno dei massimi esperti di canapa in Italia, è dedicato al fosco futuro che si prospetta per 3 varietà italiane di canapa che hanno fatto la storia, e che potrebbero ancora avere da dire molto in futuro, la Carmagnola, la Carmagnola Selezionata e la Fibranova. Purtroppo la situazione è complessa e ne avevamo già parlato QUI e QUI

In questi giorni sono state offerte, mediante bando pubblico, 3 varietà di canapa industriale iscritte al registro Europeo e che perciò potrebbero essere coltivate dagli agricoltori senza incorrere in problematiche legali.

Prima di esaminare per quali impieghi avrebbe senso acquisire e moltiplicare il seme di queste varietà, vale la pena analizzare quale sia la loro attuale situazione riguardo alla registrazione e liceità. Se si consulta il database delle varietà iscritte nel registri Europeo, in corrispondenza delle varietà che sono oggetto di trattative troviamo:

EU Plant variety database

SPECIE=  A – 85 – HEMP – CANNABIS SATIVA

N° Cv. Nome della varietà Stato nel catologo comune
8 CS Deleted with market extension until 30.06.2021
11 Carmagnola Deleted with market extension until 30.06.2021
24 Fibranova Deleted with market extension until 30.06.2021

 

Le tre varietà sono iscritte, però al 30-06-2021 le varietà saranno estinte dal mercato, cioè escluse.

La logica direbbe che se l’agricoltore le semina tra marzo e maggio è in piena regola, ma cosa succede al 1° di luglio?

Per una interpretazione letterale della legge da parte di alcuni tra i più zelanti tutori dell’ordine, quando una varietà di canapa non risulta più regolarmente inserita nella lista europea delle varietà, automaticamente perde il suo stato di varietà ammessa alla coltivazione e ricade nella categoria delle varietà per cui è richiesta un’autorizzazione ministeriale per essere coltivata, in base alla 309/90 (Testo unico sugli stupefacenti). Normalmente questa autorizzazione viene concessa se il campo in cui è coltivata la varietà “vigilata” deve essere recintato, illuminato a giorno anche di notte e controllato da una vigilanza armata continua. Ad oggi tali autorizzazioni sono state concesse per un numero che si conta sulle dita di una mano.

Senza autorizzazione potrebbe succedere ciò che è sta avvenendo a Rovigo, dove è scattato questo meccanismo per una varietà ungherese denominata Antal. La ragione per cui quest’ultima varietà è uscita dalla lista europea non è dato sapere. Molto probabilmente è semplicemente il caso di una dimenticanza di rinnovo da parte del costitutore (anche in questo caso si tratta di un ente pubblico), dell’iscrizione al Registro Nazionale che deve essere ripetuta ogni 10 anni, ma la domanda deve essere presentata entro lo scadere del nono anno. Non è certo per un problema relativo al contenuto di THC, perché altrimenti sarebbe stato pubblicato il rapporto dalla Commissione Europea preposta a queste verifiche.

Sta di fatto che all’agricoltore Polesano di punto in bianco è passato da regolare agricoltore rispettoso della 242/2106, che lo tutelava sino a che la sua coltura fosse rimasta entro il limite massimo dello 0,6% di THC, ad essere indagato per supposta coltivazione di varietà di canapa illegale, nonostante i valori del THC già rilevati dal perito fossero inferiori allo 0,2%-0,3%. L’altra brutta condizione che si teme venga applicata, riguarda il conteggio delle unità droganti. L’agricoltore che ha coltivato qualche ettaro di questa Antal si trova ad avere per le mani una discreta quantità di biomassa e se detenesse anche solo una tonnellata di canapa (quella che un ettaro può produrre), con un livello di THC pari allo 0,2%, potrebbe essere accusato di detenere 2 kg di THC, pari a 80mila dosi droganti.

Dato per scontato che pare una situazione paradossale del tempo in cui vigeva lo ius primae noctis, torniamo al nostro caso riguardante le “gloriose varietà di canapa dioiche italiane”.

Per quale impiego le varietà potrebbero essere utilizzate, supposto che i tutori dell’ordine in questo caso siano distratti e le considerassero regolarmente coltivate e commercializzabili?

I possibili utilizzi di queste storiche varietà italiane di canapa industriale

Il primo impiego e più remunerativo sarebbe quello confezionare bustine da 100 semi ciascuno e venderle a peso d’oro per consentire agli agricoltori di dotarsi di cartellini di varietà dioiche certificate. Il prezzo per una bustina potrebbe andare da 30 a 100 euro ciascuna. 1000 semi pesano circa 20 gr perciò il ricavato dalla vendita di 1 kg potrebbe andare da 1500-5000 euro/kg.

Il secondo impiego potrebbe essere quello di venderle alle aziende produttrici di semente di bietola che usano una barriera di canapa attorno ai loro centri di moltiplicazione per evitare che polline estraneo vada ad inquinare i loro piantoni di bietola allevati all’interno di questo appezzamento.

Il terzo utilizzo potrebbe essere quello di offrire una pianta che nel giro di un anno sviluppasse una apparato radicale ben più profondo di quello che le fasce tampone a base di arbusti vari, tanto vanno per la maggiore nella Regione Veneto. Un ettaro di queste strisce rende circa 3mila euro ed è garantito per lustri.

Il quarto scopo potrebbe essere quello di offrire una protezione dalla piralide, quando usato per circondare colture di pregio come orticole o mais, visto che questo vorace insetto non disdegna neppure la canapa e sembrerebbe limitare il danno alla coltura di primo interesse (oggetto di studio con PSR dalla Regione Emilia).

A questo punto l’emerito ricercatore Dr. Domenico Allavena si rivolterebbe nella tomba sentendo affermare che dopo il lungo e impegnativo lavoro da lui svolto per selezionare la Fibranova e Carmagnola Selezionata (C.S.) non si menzionasse neppure al quinto posto, il loro impiego per la produzione di fibra lunga tessile. Purtroppo, a seguito della delocalizzazione degli impianti di lavorazione da parte delle nostre industrie tessili, dell’impossibilità di ottenere la fibra macerata in acqua a prezzi compatibili con il prezzo mondiale della fibra lunga di canapa, la perdita quasi totale delle competenze richieste per valutare organoletticamente l’idoneità alla lavorazione della fibra, l’assuefazione del consumatore alle fibre sintetiche il cui consumo continua ad aumentare delle varietà tradizionali, delle varietà ad uso tessile non si sa cosa farne.

Si sono contati decine di migliaia di usi della canapa è possibile che con Fibranova, C.S. e Carmagnola non se ne possa trovare qualcun altro? Certamente verranno acquistate e conservate almeno per qualche altro secolo, ma principalmente per salvare quel glorioso germoplasma che ha vestito e accompagnato per millenni la storia dell’uomo e lasciarle scomparire per una semplice dimenticanza o qualche foglio del nostro sistema burocratico non compilato sarebbe imperdonabile e stupido.

Giampaolo Grassi – Canavsalus Srl

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