Coldiretti ed Enea: canapa multifunzionale per bonificare i terreni dai metalli pesanti

Canapa e fitorisanamento //
In questo articolo
1 / La collaborazione tra Coldiretti Matera ed ENEA
2 / Fitorimediazione e bioedilizia secondo Salvatore Arpaia, primo ricercatore di ENEA

La Coldiretti Matera e il Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili di ENEA (Terin) si uniscono per la valorizzazione e la promozione della coltivazione multifunzionale della canapa. Ecco tutti i dettagli del progetto.

La collaborazione tra Coldiretti Matera ed ENEA

Coldiretti Matera ed ENEA (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie e lo sviluppo economico sostenibile) lo scorso novembre hanno sottoscritto un protocollo d’intesa destinato alla valorizzazione della canapa sia dal punto di vista della produzione di biomasse destinate, tra i vari settori, a quello dell’edilizia, sia dal punto di vista del recupero dei terreni inquinati.

“La partnership sprona a proseguire la sperimentazione dell’utilizzo della canapa per risolvere problematiche di inquinamento di terreni agricoli, e non solo, attraverso la fitodepurazione. Queste tecniche di bonifica di terreni inquinati sono di gran lunga meno costose, più efficienti e meno impattanti di quelle convenzionali; questo accordo, dunque, è volto alla tutela dell’ambiente e alla valorizzazione del territorio”, ha spiegato il presidente provinciale di Coldiretti Matera Gianfranco Romano. “La filiera della canapa, con il coinvolgimento di imprese agricole e aziende di trasformazione, garantirà inoltre importanti ricadute in termini di occupazione. L’attività di fitobiodepurazione, per esempio, potrebbe essere utilizzata in contesti locali e in particolar modo nel sito SIN della Valbasento”.

In Basilicata, la coltivazione industriale della canapa si basa sulla legge regionale n. 42 del 30 novembre 2018, che prevede da una parte la messa in campo di azioni a sostegno dello sviluppo delle coltivazioni e delle filiere produttive collegate e dall’altro l’utilizzo della pianta in quanto “specie vegetale in grado di ridurre l’impatto ambientale in agricoltura, recuperare le terre incolte, disincentivare l’abbandono delle coltivazioni, sostenere il recupero produttivo, il ricambio generazionale in agricoltura e lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile”.

Fitorimediazione e bioedilizia secondo Salvatore Arpaia, primo ricercatore di ENEA

La collaborazione tra Coldiretti Matera ed ENEA, quindi, è un primo passo verso i progetti futuri legati al settore della canapa. Per saperne di più abbiamo intervistato il Dottor Salvatore Arpaia, primo ricercatore e responsabile scientifico dell’accordo ENEA-Coldiretti.

Come è nata questa sinergia tra Coldiretti Matera e il Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili di ENEA? E quali terreni saranno coinvolti nella fitodepurazione? Nello specifico, quali caratteristiche presentano e quali sostanze sono state rilevate in loco?
L’interesse per sviluppare questa collaborazione è nato a valle di un convegno in cui avevo presentato i risultati di una nostra attività di ricerca in merito ai possibili impatti ambientali di un’area contaminata e classificata come SIN (sito di interesse nazionale) in Basilicata. Per il progetto il nostro interesse si rivolge ai terreni agricoli compresi nell’area SIN Valbasento e che, a oggi, non sono disponibili per le aziende a causa della elevata presenza di metalli pesanti, che in diversi punti superano i limiti di legge sia per la coltivazione che per altri usi sociali.

E quali varietà di canapa intendete utilizzare? Come intendete sfruttare la canapa utilizzata per le bonifiche? Avete già pensato a una destinazione per le piante coltivate in questo contesto?
Dopo una prima valutazione ci stiamo orientando verso varietà la cui biomassa può essere utilizzata per la produzione di materiale per la bioedilizia. Queste varietà hanno generalmente un bassissimo contenuto di cannabinoidi, quindi il loro uso non presenta particolari implicazioni di carattere legale. La scelta finale poi verrà fatta quando in fase esecutiva saranno selezionate le aziende e i terreni su cui condurre questa sperimentazione.

Come sta procedendo il progetto?
Al momento abbiamo interessato la Regione Basilicata, cui fa capo la definizione dei progetti di decontaminazione del SIN, e abbiamo riscontrato l’interesse istituzionale per avviare un progetto di bio/fitodepurazione nell’area. L’uso della canapa è poi incentivato dalla stessa Regione Basilicata tramite una apposita legge regionale e questo costituisce un’importante sinergia per le politiche lucane in tema di sicurezza ambientale e di incentivo alle attività produttive.

Quali sono i vantaggi principali di un progetto di questo tipo?
Il processo di bio/fitodepurazione è un processo che dà risultati dal punto di vista della decontaminazione dei terreni in tempi medio/lunghi. Il grande vantaggio di utilizzare piante a uso non alimentare è quello di garantire alle aziende un reddito da coltivazione su aree altrimenti inutilizzabili, in attesa dell’abbattimento dei valori dei contaminanti nel suolo. L’altro grande vantaggio rispetto a un approccio più tradizionale che prevede la rimozione e il successivo lavaggio del suolo, è che la fitodepurazione ha un impatto ambientale estremamente ridotto, limitato a piccole quantità di ceneri da smaltire evitando la rimozione e lo smaltimento di tonnellate di terreno

Qualche mese fa su Canapaindustriale.it abbiamo intervistato il professor Vito Gallo, docente di Chimica presso il Politecnico di Bari, con il quale abbiamo approfondito il tema dell’utilizzo della canapa per ripulire i terreni dai metalli pesanti. Dal punto di vista del professor Gallo, per un corretto utilizzo nella bioedilizia della canapa coltivata in un contesto fitodepurativo, è fondamentale che “le istituzioni e il mondo scientifico discutano di questo argomento in maniera approfondita e definiscano i livelli di concentrazione accettabili” per la salute dell’uomo. Cosa ne pensa?
Il dialogo, che abbiamo già avviato, sarà fondamentale perché sarà necessario stabilire nelle condizioni locali le effettive capacità depurative della coltura nel corso del tempo. Questo dipende ovviamente dalla situazione al momento di avvio dell’attività di fitodepurazione, in particolare dalla presenza, concentrazione e biodisponibilità degli elementi inquinanti. Una volta chiarito quanto rimarrà nel prodotto finale e quanto potrà essere eliminato nel successivo processo di trattamento della biomassa (che sarà sperimentato presso il Centro Ricerche ENEA di Trisaia), sarà necessario poi coinvolgere le autorità competenti sia in materia ambientale che sanitaria per tutte le valutazioni necessarie.

Come dipartimento avete in mente progetti o studi in merito?
Noi abbiamo svolto uno studio iniziale per verificare la presenza nelle matrici vegetali del mercurio, uno dei metalli più abbondanti in diversi punti di prelievo del SIN Valbasento. Abbiamo poi intenzione di valutare in campo diversi ceppi microbici da noi selezionati che potrebbero fornire un ulteriore efficacia alla fitodepurazione, in particolare per alcuni contaminanti il cui assorbimento da parte delle piante è più lento.

Martina Sgorlon

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