E’ possibile superare la censura che i principali social network (Facebook, Instagram, Twitter e You Tube) applicano a canapa e cannabis in modo molto rigido? E’ la domanda alla base di questo articolo, ma per avere la risposta bisogna procedere per gradi.
Negli ultimi anni si sono susseguiti eventi molto sensibili (Cambridge analytica, Strage del Bataclan per citarne alcuni) che hanno portato i social network a mettere in pratica stringenti controlli sui contenuti distribuiti nei loro spazi digitali.
La soluzione adottata è stata quella di attivare un capillare filtraggio. Facebook, Twitter, Instagram, Youtube sono le piattaforme con le regole più stringenti. La drasticità delle conseguenze e l’inefficacia dei ricorsi hanno fatto e fanno ancora molto discutere.
I primi a sostenerlo sono soprattutto i molti attivisti bloccati sui principali social media che ritengono di non rientrare tra le categorie di internauti meritevoli di tale trattamento e con certezza possiamo muovere la stessa critica anche quando si tratta di canapa.
Molto frequentemente è capitato di veder censurati messaggi pubblicitari o contenuti ritraenti immagini o parole legate alla pianta di canapa. Questo accade perché le parole “cannabis” e “canapa” sono legate a immagini e usi della pianta riconosciuti dai social come taboo perché collegati a sostanze stupefacenti. Ecco come nasce la censura dei social network sulla canapa.
Prima di procedere oltre è doveroso fare una precisazione: Facebook (e con esso Instagram) così come Youtube e Twitter sono aziende private che risentono poco o affatto delle decisioni e influenze esercitate dallo Stato che ne ospita i servizi, ragione per la quale occorre separare le responsabilità dei social da quelle di istituti italiani responsabili delle telecomunicazioni come, su tutti più importante, l’AGCOM (Autorità per le garanzie delle telecomunicazioni).
Compreso il contesto vogliamo in questo articolo offrire la comprensione di come funzionino i meccanismi di censura sui principali social network (per la canapa e non solo) e di come superarne i limiti imposti.
Tra tutti i sistemi di controllo, quello di Facebook risulta ancora oggi il meno trasparente. Sappiamo però che è fondato sull’azione incrociata tra filtri basati sull’intelligenza artificiale, che esegue una prima scrematura generale, e un secondo livello a cura di controllori umani, che prestano attenzione a casi ambigui o particolarmente rilevanti per la piattaforma (politica, guerra, mobbing). Quello del social blu è quindi un meccanismo che attiva una funzione di filtraggio iniziale dei contenuti attraverso algoritmi e, successivamente, individuato un contenuto inappropriato invia un avviso ad un team di moderatori – trattasi in gran parte di aziende terze – ai quali spetta la decisione finale di rimuovere, bloccare o espellere i contenuti in questione, autori o pagine e gruppi interi.
Instagram, social di proprietà della ex Facebook Inc. (oggi Meta) adotta una logica diversa. Anche su Instagram viene adottato un modulo a due livelli: uno dedicato a commenti offensivi e uno a commenti spam. La nota interessante è che i controlli si basano su meccanismi di machine learning, che per definizione dovrebbero apprendere da soli e aggiornare i temi definiti taboo, a partire dalle interazioni degli stessi utenti, motivo per il quale Instagram risulta essere leggermente più clemente di Facebook. Anche in questo caso, un eventuale allarme raggiunge dei moderatori umani che verificato il contenuto segnalato decidono sulla condotta da adottare. Per quanto riguarda l’autore dei post, la piattaforma prevede un sistema di avviso per l’utente in caso di rischio di eliminazione o blocco dell’account, indicando le motivazioni. In questo modo l’utente può far presente ai gestori eventuali errori. Leggermente più frequenti sono le risposte da parte del servizio clienti di Instagram rispetto a Facebook.
Anche Twitter fa affidamento sull’automazione offerta dall’ intelligenza artificiale, dimostrandosi leggermente più “umano”. Sebbene elimini tweet o account, prima ancora che vengano segnalati dai destinatari di contenuti offensivi, si rivela clemente quando l’avviso proviene da una persona. In questo caso il social contatta il destinatario chiedendo di descrivere il contesto che ha generato il post o il commento prima di decidere le conseguenze.
YouTube utilizza a sua volta algoritmi per rilevare contenuti inappropriati. Il “social rosso” ha implementato anche meccaniche che vengono fatte dipendere dalle scelte dell’utente finale, avvicinando la piattaforma al web 3.0.
L’user può scegliere di evitare contenuti specifici, idea che dipende soprattutto dalla presenza di un canale dedicato prettamente ai bambini (YouTube Kids).
La piattaforma in questione ha anche sviluppato un nuovo progetto chiamato “YouTube Checks” ideato per tutelare i copyright, essendo Youtube un ambiente in cui prosperano contenuti educativi, musicali e artistici.. Il servizio è basato sul protocollo “Content ID“, che scansiona video e suoni e li confronta con quelli presenti nel database di contenuti protetti. Se un’eccessiva somiglianza viene riscontrata tra il video indagato e un articolo presente nel database di riferimento, viene contrassegnato in automatico, anche se non c’è stato un reclamo ufficiale dal proprietario dei diritti.
Gli algoritmi di controllo e verifica si basano quindi sull’analisi di uno specifico contenuto video, audio o testuale.
Proprio qui troviamo la debolezza del sistema di controllo usato dai social network: l’automatizzazione dei processi, la limitatezza dell’analisi al singolo elemento e la mancanza della comprensione profonda della semantica del messaggio, se da un lato possono essere scomodi antagonisti per pubblicitari, utenti e aziende, dall’altro sono elementi preziosi per ideare delle attività di comunicazione che, sfruttando la cultura di riferimento dei target del messaggio, veicolino senso in maniera indiretta, attraverso attività come il gioco, il meme, il doppio senso o strategie multicanale il cui messaggio sia segmentato e distribuito in diversi contenuti piuttosto che riassunto in un’unica call to action che, se racchiusa in un unico testo, rischia di compromettere l’intera strategia qualora a causa di censure ne venisse a mancare il contenuto che la contiene.
Per superare il controllo degli algoritmi dei social è possibile utilizzare la cultura pop sfruttando immagini e messaggi esterni al mondo della canapa, di uso comune, accettati dalla cultura di riferimento e, di conseguenza, dagli algoritmi.
Usare dei personaggi esterni alla canapa per veicolare messaggi attinenti la canapa, vuol dire generare dei simulacri di senso che comunicano a specifici target messaggi diversi da quelli immediatamente evidenti, giocando sul doppio senso, sul non detto e sull’ironia.
Facciamo degli esempi:
Hybrid text
Creare un post su Instagram con una grafica con colori sgargianti con un enorme testo che, sfruttando le tecniche di lettering, generi la frase “Questa non è canapa”, facendo in modo che l’ultima lettera formi una freccia che indica fuori dalla foto un link che genera un collegamento esterno a una landing page con la presentazione di un prodotto. Questo format permette di comunicare con l’essere umano al di là dello schermo che andrà ad aprire il link atterrando sulla pagina di riferimento.
Multichannel approach
Creare un post su Twitter ponendo sulla fronte di un primo piano di Elon Musk un QR code che rimanda al download di un’app di notizie sulla canapa consente di aumentare i download dell’app sfruttando Twitter come canale di comunicazione organica senza spendere in advertising. Si sfrutta un’immagine che incuriosisce evitando di scrivere call to action contenenti la parola “canapa” sui social, senza rischiare la censura e compromettere i download.
Animazione
Un cartone animato di tre minuti, per esempio, che senza usare termini specifici collegati alla canapa, presenta nella vita dei personaggi temi ad essa collegati, rimandando a un sito web o a un luogo fisico per scoprire di più sulla trama, i personaggi o l’ispirazione che ha portato a una sua creazione.
In conclusione, realizzare formule di comunicazione distribuite su diversi canali e che comunicano la canapa in maniera indiretta consente di pubblicizzare la canapa senza che gli strumenti di censura possano cogliere il senso dell’ insieme delle singole parti disseminate, aumentando così la comunicazione, la diffusione, la domanda e la cultura.
Così facendo è possibile creare una comunicazione non ortodossa e fuori dagli schemi che faccia parlare di sé al di là del singolo contenuto, invitando e accudendo in una rete di significati chiunque si imbatta nel tema canapa.
Sfruttare un immaginario pop già accettato ha anche una doppia valenza: quella di superare la censura e di attrarre utenti esterni al mondo della canapa, consentendo così un espansione del settore.
Il vero limite degli algoritmi di controllo è la creatività umana e la capacità di creare messaggi complessi che si richiamino tra loro e che, disseminati in gran numero, potrebbero aumentare la diffusione della canapa, favorendone la domanda e la conoscenza.
Giuseppe Fiorenza