Il marketing è un settore in continua evoluzione. Cambiano le strategie, le policy e le tecnologie a disposizione. Soprattutto cambiano i prodotti. Basti pensare che oggi si possono vendere canapa e derivati dopo una lunga parentesi di totale repressione ha trovato respiro negli Stati Uniti, in cui molti Stati l’hanno legalizzata in ogni sua forma.
La conseguenza è stata una crescita positiva del relativo mercato. Improvvisamente, negli Stati Uniti, c’è stato negli ultimi anni uno sbocciare di negozi che vendono prodotti a scopo ludico e aziende che offrono prodotti e servizi di tipo più industriale o farmaceutico. Concretamente, quando si è trattato di aprire questi negozi, gli imprenditori del settore hanno dovuto chiedersi come impostarne la struttura, sia fisica che online, e i riferimenti dai quali hanno tratto spunto sono interessanti; così interessanti che l’america oggi fa scuola quando si parla di marketing e cannabis.
Guardando indietro al passato, la compravendita di canapa non è esattamente nuova. La coltivavano i vichinghi, gli assiri e gli egizi. Molti ne facevano un uso religioso e quindi non c’è mai stato un vero e proprio bisogno di incontrare una domanda creando un’offerta diversificata, complessa, strategica.
La canapa si è sempre venduta da sola. Perché si possa parlare di marketing della canapa dobbiamo arrivare alla fine della seconda guerra mondiale, anzi, anche un po’ più tardi. Dopo il Vietnam. Con gli anni ‘70 e il movimento hippie, la canapa ha visto germogliare nuovamente la sua fama, legandosi nell’immaginario collettivo all’idea di “sballo” e di elevazione spirituale da ciò che è materialistico. Questo ne ha limitato l’accettazione da parte delle masse per motivi politico-culturali poiché da sempre chi ricerca l’emancipazione rallenta il proprio ingresso nel tessuto sociale.
Pensiamo alla tipologia di negozi più diffusi: gli “head shop” presenti in tante capitali europee: non viene istintivo associarlo al classico modello di attività abbinata al “retail”. Le caratteristiche di questi negozi comunicano molto spesso che sia chi lo gestisce sia chi lo visita cerca di evadere dalle immagini patinate e artificiose dei negozi che mostrano la propria coda da pavone esibendo loghi e payoff melliflui. Basta una piccola ricerca su Google immagini digitando “head shop” per capire che in molti casi il messaggio che viene fatto passare da queste realtà è: “Noi non ci adattiamo”.
Gli elementi estetici che incontriamo fanno l’occhiolino a film distopici (su tutti V per Vendetta resta il più inflazionato), e viaggi mistici, ma fanno anche a spallate con il perbenismo della società. Di conseguenza, la canapa ad uso ludico-ricreativo viene percepita come una minaccia allo status quo e una delle quattro P del marketing (placement) non ricompensa il marketing mix dei commercianti, restando relegati alla nicchia e rallentando la crescita del settore rendendo il gioco facile agli istituti e ai politici che identificano nella pianta un prodotto che mina la stabilità e il benessere collettivo.
È una narrazione che sussurra innovazione, ragionevolezza e compromesso. L’estetica è quella dei negozi hipster di molti centri cittadini: un po’ Apple store, un po’ Starbucks, un po’ supermercato biologico. Andiamo su Instagram, entriamo nei negozi californiani dove si mostrano come membri produttivi della società, che abbracciano un momento di legittimo svago.
Il mercato della canapa ammonta a 2,3 miliardi solo a New York. L’uso ludico fa da traino a tutti gli altri in termini di immaginario collettivo e gli altri settori, con fatturati da capogiro seguono a ruota e beneficiano dell’estetica limpida che guadagna spazio nelle menti della massa e genera più sorrisi che paura.
La scelta degli imprenditori americani è semplice e comprensibile: un cliente può desiderare un prodotto, ma se l’esperienza di avvicinamento non è piacevole non lo compra, o ne prende meno di quanto potrebbe. Questo vale per ogni ambito. Molti investitori oggi hanno paura di entrare a giocare nel parco divertimenti della canapa perché temono anche di compromettere la propria immagine. Se invece l’immagine e la percezione combaciano in qualche modo con qualcosa in cui i clienti si riconoscono, allora si renderà più semplice fare up-selling (l’up-selling è una tecnica di vendita in cui un venditore invita il cliente ad acquistare articoli più costosi, aggiornamenti o altri componenti aggiuntivi per generare maggiori entrate) diversificare l’offerta e supportare la crescita del settore.
I negozi americani a differenza della maggior parte di quelli europei non propongono solo il prodotto e gli strumenti necessari per consumarlo, non pubblicizzano solo la scatola o un immagine ma colorano l’offerta con una varietà di articoli da far cascare le mensole di un supermercato. Si va dagli alimenti di rapido consumo ai libri da cucina a tema, dalle gomme da masticare, ai vaporizzatori, dalle sigarette elettroniche ai gadget, all’abbigliamento e all’arredamento.
Inoltre il personale di vendita si confonde con quella più ‘nerd’ e innocua di una persona che lavora in un normale negozio ed è pronto a spiegarti la differenza tra un Mac e un PC. Il cliente vive un’esperienza avvolgente sia online che offline poichè anche i siti hanno maturato un’etichetta condivisa che mette in mostra la canapa con luce e colori, senza nulla da nascondere e riducendo gli step necessari per raggiungere il pulsante che spinge l’ordine a casa del cliente. Naturalmente è un’operazione facilitata dall’accettazione maggiore che la canapa trova nella società, dopo decenni di lotte portate avanti dal basso che oggi sono legittimate a livello istituzionale.
Inoltre molti siti di rivenditori americani di prodotti di consumo e industriali in canapa hanno adottato sistemi gestionali rapidi, efficienti ed affidabili inserendo, ad esempio, nella stessa finestra sia la review del carrello che le informazioni di pagamento, che il tasto di acquisto. Ringraziamo shopify per questo e, se anche tu stai pensando di migliorare la tua attività, è decisamente il caso di dare un’occhiata all’Edizione Inverno ‘23 della piattaforma in questione.
Parola chiave per un marketing della canapa di successo: diversificare
Un’industria cresce quando si diversifica e, nel caso della canapa, questo sta accadendo anche entro i nostri confini. Sei a due click da qualche franchising con leve di marketing variegate: si va da The Farm, che mette in mostra la genuinità dei prodotti e la brevità della filiera, alle decine di negozi aperti in tutta Europa da CBWeed, all’inventiva di Mister Canapa, che ha sviluppato un videogioco per vendere i prodotti, avvicinandosi al mondo dell’innovazione e del gaming.
Queste realtà non tendono la mano al pubblico dicendo “Ciao, vendo Marijuana” ma, “Ehi, piacere di conoscerti, ti va di fare due chiacchiere? Sono un tipo interessante”.
Le loro leve di marketing (Prodotto, Prezzo, distribuzione e promozione) puntano al futuro, supportando la canapa nella totalità dei settori che essa abbraccia, perché le persone non sono scritte con un algoritmo, le persone cercano informazioni e sono a due click dallo scoprire che con la canapa con la quale è stata fabbricata la sciarpa trendy che hanno appena comprato per la settimana della moda, si possono fabbricare case energeticamente più efficienti di quella in cui vivono.
Abbiamo suggerito come “vendere esperienze” sia una strategia vincente perché nel marketing, e in particolare nel marketing per la canapa non si parla solo di organizzare eventi controtendenza. I clienti cercano qualcosa che li convinca che avvicinarsi al mondo della canapa sia una mossa intelligente. Strutturare ogni dettaglio sulla base di un concept coerente, analizzare il proprio target ed esplorare ciò che fanno i player europei o, meglio ancora, oltre oceano è una scelta saggia, per iniziare.
Poi si può anche pensare all’allestimento dello store e del sito, all’ ottimizzazione del processo di vendita, alla colonna sonora dei reel e ai colori con i quali rivestire la vetrina.
Questi step e questo modo di ragionare e fare marketing ci permette di garantire una sostituzione dell’immaginario in cui la canapa è impantanata, raggiungere nuovi target, trovare investitori, immettere sul mercato nuovi prodotti e far germogliare tutto il settore.
Giuseppe Fiorenza