Agrinsieme: “Alzare il livello di THC allo 0,3% per tenere il passo con i competitor mondiali”

Canapicoltura //

“Per lo sviluppo della canapicoltura nazionale è importante tenere alta l’attenzione sul nuovo regolamento della PAC recante norme sul sostegno ai Piani Strategici Nazionali-PSN, che non prevede l’aumento del tenore di tetraidrocannabinolo (THC) proposto dalla Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, la quale ha approvato lo scorso anno un emendamento che innalza il limite allo 0,3%”. Lo sottolinea il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, che ha scritto una lettera in proposito al Sottosegretario alle Politiche Agricole Giuseppe L’Abbate.

“Il mantenimento dell’attuale limite dello 0,2%, infatti, metterebbe i Paesi dell’Unione in una posizione di svantaggio rispetto ai maggiori competitor mondiali, ovvero Cina, Canada, USA, Svizzera e Australia, che hanno tassi di THC consentiti che vanno dallo 0,3% all’1%”, afferma il Coordinamento, spiegando che “i canapicoltori italiani oggi sono fortemente limitati nella scelta delle sementi, poiché le varietà del Catalogo UE con molta difficoltà si adattano alle condizioni pedoclimatiche della Penisola, mentre l’innalzamento della soglia di THC consentirebbe un ampliamento delle varietà del 50% circa”.

Quella della percentuale massima di THC è una polemica annosa, che ha la sua origine, in Europa, quando c’è stata la ripresa delle coltivazioni alla fine degli anni ’90. Allora la situazione vedeva la Francia, che, al contrario degli altri paesi, non aveva mai smesso di coltivare e utilizzare le proprie cultivar, ad esempio per creare le banconote fino all’avvento dell’euro. Secondo diversi esperti di settore fece pressione per fare in modo che il limite, nell’Unione Europea, fosse abbassato allo 0,2%. Il motivo è semplice: in questo modo avrebbero estromesso dal mercato, perlomeno nell’immediato, un gran numero di genetiche, mentre le loro avrebbero rispettato i parametri.

E’ un tema sul quale l’EIHA è intervenuta più volte e che è già stato approvato dalla Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, e dovrebbe diventare effettiva a tutti gli effetti a partire dal 2021.

“Quella della canapa industriale è una coltura di grande importanza per la diversificazione del reddito degli agricoltori, che negli ultimi anni ha fatto registrare una crescita importante delle superfici coltivate e i cui margini di crescita sono molto più ampi tenuto conto di tutte le filiere attivabili da questa coltivazione; parliamo di una coltura dal grandissimo potenziale, agricolo e non solo, che vanta una tradizione secolare nel nostro Paese che fino alla metà del Novecento, era il maggior produttore comunitario e il secondo a livello mondiale”, sottolinea Agrinsieme.

“Guardiamo pertanto con fiducia all’annunciato tavolo di coordinamento interministeriale, che a partire dal Mipaaf coinvolgerà i ministeri della Salute, dell’Interno, della Giustizia e dello Sviluppo Economico, quale importante strumento di confronto tra Istituzioni e attori della filiera per la definizione di un piano di settore che parta dall’agricoltura e arrivi alla più ampia bioeconomia, nonché per affrontare e auspicabilmente superare norme e regolamenti specifici, così da dipanare quelle incertezze normative legate alle singole destinazioni d’uso della canapa industriale che stanno oggi frenando lo sviluppo di questa coltura che, ancora di più in un momento di crisi di alcune filiere, può rappresentare un’integrazione importante per le imprese e le cooperative agricole”, conclude il Coordinamento.

Redazione di Canapaindustriale.it

 

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