Se ci sono tutte le premesse perché la canapicoltura italiana torni ai fasti vissuti fino all’inizio del ‘900, quando la canapa che veniva prodotta nel nostro Paese era rinomata come la migliore per qualità, una spinta forte potrò arrivare dalla legge di settore che tutti aspettano. Come aveva sottolineato l’avvocato Giacomo Bulleri, consulente legale di Toscanapa: “Un settore in forte espansione non può fare a meno di una disciplina normativa unitaria ed organica soprattutto per evitare che proprio l’incertezza giuridico-amministrativa rappresenti un ostacolo per la libera iniziativa di molti soggetti ed un freno alla crescita economica italiana”. Nel momento in cui si stanno le audizioni alla Camera dei deputati, ne abbiamo parlato con l’onorevole Giorgio Zanin (nella foto), eletto il 24-25 febbraio 2013 in Friuli Venezia Giulia con il Pd e componente della XIII Commissione Agricoltura e parte del comitato ristretto che sta analizzando la proposta di legge.
Qual è la situazione sul provvedimento per promuovere la filiera agroindustriale della canapa?
La relatrice Alessandra Terrosi ha svolto un ottimo lavoro e l’attenzione generale sul provvedimento è molto elevata. Dopo circa sei mesi di attività in commissione si è quasi concluso il percorso delle audizioni necessario per costruire la conoscenza condivisa sulla proposta. Non ci sono sostanzialmente opposizioni di carattere politico e il provvedimento di legge proseguirà a breve con la discussione di merito in Commissione. È giusto ricordare che in partenza le proposte erano 3.
Quali sono?
Quella di Loredana Lupo del M5S, quella di Adriano Zaccagnini DI Sel e quella di Nicodemo Oliverio, il capogruppo del Pd in Commissione Agricoltura della Camera. Al termine di questa fase i progetti di legge verranno trasformati in un testo unico che poi verrà emendato attraverso la discussione in Commissione, prima del passaggio in aula.
L’obiettivo generale della legge?
E’ quello di favorire la coltivazione di canapa sia a livello nazionale, sia locale in modo da sviluppare un’agricoltura di qualità. Innanzitutto si tratta di chiarire anche per l’immaginario collettivo che non si tratta di una coltivazione proibita e quindi agire sul piano culturale. Il secondo obiettivo è quello di avviare diverse filiere produttive che si dedichino ai vari prodotti per fare in modo che si sviluppino poli produttivi che diventino virtuosi col tempo. La chiave giusta è indubbiamente quella della multifunzione. La filiera deve rilanciare senza dubbio il settore tessile, quello con più alto potenziale in termini di valore aggiunto, evitando il rischio di concentrarsi solo nei settori alimentare e della cosmesi. Non solo. Anche bioedilizia e applicazioni varie in termini di bioplastiche sono assolutamente da integrare. La sostenibilità economica può essere assicurata anche attraverso la valorizzazione in termini energetici, sia per l’impiego nella produzione di biogas, sia per la produzione di combustibili da biomassa, con biodiesel e etanolo o metanolo. Quindi si tratta di un provvedimento che parte da una sorta di fotografia della canapicoltura attuale per dare una normativa che sia una forte spinta al settore, che rimane il fine ultimo dell’operazione.
Che tempi può prospettare affinché diventi una legge definitiva?
E’ difficile fare una previsione di questo tipo anche perché tra novembre e dicembre ci sono molti progetti di legge importanti da discutere. Ad ogni modo io prevedo un primo passaggio in aula nel 2015.
In Italia non c’è una normativa precisa sulla canapa alimentare e i residui di THC che possono essere contenuti. Si interverrà anche su questo punto?
Sicuramente cercheremo di dare delle regole chiare per tutti anche in termini di controllo. Anche perché l’Expo alle porte dedicato al tema di nutrire il pianeta può essere un ulteriore stimolo. Senza dimenticare che anche in questo campo possiamo porre l’accento sul cibo made in Italy oltre che sulle innumerevoli proprietà benefiche degli alimenti derivati dai semi di canapa che ho potuto degustare in Commissione.
Lei cosa si aspetta?
L’auspicio è che questo tema diventi un punto di vantaggio del sistema di sviluppo agricolo del Paese, soprattutto per le caratteristiche di questa pianta che necessità di poca acqua e manutenzione e nessun diserbante. In particolare in ottica di recupero dei terreni incolti che abbondano da nord a sud, contribuendo a limitare il problema del consumo del suolo e dando ai nostri coltivatori un’opportunità in più nell’agricoltura di qualità.
Mario Catania
Pubblicato sulla rivista Canapa Industriale, n°3 – novembre/dicembre 2014