Jacques Leo: l’arte in canapa che parla di futuro e sostenibilità

Innovazione e altri usi //
Opera Jacques Leo

Quadro realizzato con canapulo da Jacques Leo


Canapa e arte creano un connubio nato tanto tempo fa. La maggior parte delle tele utilizzate dai pittori fiamminghi erano fatte in canapa 
per la resistenza e la durata che questo materiale può garantire: la canapa è una fibra forte e lucida, in grado di resistere al calore, alla muffa e agli insetti e non viene danneggiata dalla luce. Non solo perché anche molti quadri di pittori famosi che, almeno in foto, ci è sicuramente capitato di vedere, sono stati realizzati su tele di questo tipo. Un esempio su tutti può essere considerato l’”Autoritratto” di Van Gogh, dipinto a olio su tela di canapa.

Oggi c’è un ragazzo che nell’evoluzione del rapporto tra l’arte e questa nobile pianta ha deciso di fare un passo in avanti sia nella pratica e quindi nella tecnica realizzativa, che a livello concettuale. Jacques Leo ha scelto infatti di dar vita alle sue opere utilizzando direttamente il canapulo, parte legnosa dello stelo di canapa, che viene modellato sulla tela. La tela sulla quale la canapa viene plasmata diventa quindi un mezzo per raccontare tutte le virtù di questa pianta, che partono dalla sostenibilità ambientale per arrivare ad una nuova idea di futuro. Un percorso che per Jacques Leo nasce nella pittura e continua nella sua collaborazione con il marchio Etro nel progetto “Circle of Poets”, grazie al quale c’è stata una recente esposizione di quadri che comprendevano anche le sue opere, così come nell’impegno portato avanti all’interno del consiglio del Circolo Filologico Milanese, la più antica associazione culturale della città ed una delle prime in Italia, che Jacques vuole aprire ai più giovani, chiudendo il cerchio di un percorso che è solo all’inizio.

Come nasce l’idea di creare dei quadri con il canapulo?

Jacques Leo, foto Etro

Jacques Leo, foto Etro

La mia ricerca materica nasce dall’idea di andare oltre al colore e alla cromia proprio come tecnica pittorica. La ricerca nasce dal voler trovare una tecnica, attraverso la materia, che riesca ad esprimere la forma dei soggetti al di là del colore e questo è un percorso che ho iniziato usando la terra e facendo lavori con forme in rilievo sulla tela. Poi avendo a disposizione il canapulo (Jacques è infatti il figlio di Rachele Invernizzi, titolare del centro di prima trasformazione South Hemp Tecno di Crispiano in provincia di Taranto, ndr) ho sperimentato e ho visto che era migliore e più idonea perché la canapa è porosa, assorbe e si compatta molto e dà una grande solidità anche per la durevolezza dell’opera. E’ stato interessante sposare l’uso del materiale che porta un valore aggiunto anche per quello che riguarda l’innovazione tecnologica perché è un materiale innovativo e che ha una storia e quindi attraverso un soggetto posso parlare di questo materiale che va raccontato.

Hai esposto di recente i tuoi quadri a Milano?
Sì, c’è stato un evento da poco in via Montenapoleone a Milano per Etro, che è una casa di moda per cui sto lavorando, nel quale stiamo raccontando il nostro lavoro attraverso la loro campagna immagine e ho avuto la possibilità di esporre tre miei lavori fatti con la canapa, uno dei quali coi tessuti. I passi successivi saranno quelli di mettere la canapa al centro del messaggio di innovazione e di conoscenza dei materiali e della loro applicazione e di come ognuno nel proprio piccolo possa testimoniare ciò che ritiene essere utile per la società. Credo che l’arte abbia bisogno di contenuti costruttivi ed attuali come parlare dei materiali anche perché gli artisti nascono dalla ricerca dei materiali. Una cosa che è semplicemente presentata come un quadro poi in realtà nasconde tutta una filiera e uno sviluppo sociale e socio-economico che val al di là dell’oggetto. E’ quasi una forma di arte concettuale che parte da un elemento pratico per sposare un concetto che è molto più grande del semplice materiale.

Progetti per il futuro?
Opera Jacques Leo_2Porterò avanti i progetti in corso e per quel che riguarda la mia attività come pittore avrò un po’ di mostre all’estero quest’anno. Per quello che è l’approccio tecnico dedicherò un filone solo a questo materiale in modo da creare un’identità tra le varie cose che faccio per promuovere al massimo questi contenuti. Attraverso l’estetica vorrei portare avanti un lavoro sociale di condivisione con il quale si cerca di coinvolgere il pubblico in qualcosa di attuale e concreto, del quale molte persone ad oggi non sono coscienti e che è una tematica fondamentale per il futuro.

Visto che l’hai accennato, di cos’altro ti occupi?
Ho questo progetto con Etro che mi porta oltre al dipingere perché progettiamo tessuti e abbigliamento. E poi mi occupo di un’associazione culturale che è il Circolo filologico milanese che è la prima associazione culturale di Milano nata nel 1872 ed è il salotto culturale milanese creato a fine Ottocento per avere un’identità simile a quella di altre città europee dove gli appassionati di cultura si ritrovavano per fare circolo e per fare salotto, studiare e condividere. Stiamo cercando di ricreare a Milano quella che è l’identità di un luogo che culli l’attività culturale giovanile, cosa che a Milano non c’è. Siamo un’associazione riconosciuta e grazie al suo valore istituzionale cerchiamo di ridare forza a queste antiche istituzioni culturali che non hanno più identità e non sono più frequentati da chi magari ha voglia di vedere una bella mostra, partecipare ad un simposio o ascoltare un concerto. Abbiamo un progetto a lungo termine e siamo solo all’inizio si tratterà di un processo lungo fatto di partecipazione e tanto lavoro.

 Mario Catania

 

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