Canapa generata da talee o seme? Ecco le differenze

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1 / Canapa da talee o seme: ecco differenze, vantaggi e svantaggi

Le norme italiane, così come quelle europee, prevedono che la coltivazione della canapa “industriale” sia sempre ed unicamente ottenuta usando seme certificato. La mancanza di varietà certificate, iscritte all’elenco Europeo che soddisfino a pieno le esigenze del mercato della canapa, sia per produrre fiore sia per biomassa ha obbligato i canapicoltori a trovare soluzioni alternative all’impiego del seme. E’ oramai noto a tutti che la quasi totalità delle coltivazioni di canapa in Italia e a breve anche in Europa siano avviate in questi ultimi anni partendo da talee. Probabilmente i funzionari ministeriali responsabili di dare delle soddisfacenti risposte agli agricoltori interessati alla coltivazione della canapa, non riuscendo a trovare argomentazioni soddisfacenti, sfuggono o sorvolano sulla risposta da dare a chi continua ad utilizzare le talee.

Vediamo però cosa comporta usare per la canapa talee o seme per l’avvio di una coltivazione di canapa adatta alle esigenze del mercato nazionale ed europeo.

Canapa da talee o seme: ecco differenze, vantaggi e svantaggi

  1. Primo elemento che entrambe le modalità di riproduzione devono garantire è il rispetto dei limiti di THC nel prodotto finale. Con una parte vegetativa clonata da un individuo selezionato si ha la certezza quasi assoluta di allevare soggetti che geneticamente sono omogenei e perciò se la madre produce cannabidiolo non cambierà il suo profilo chimico nel tempo e fino alla raccolta.
    Il problema che può sorgere è la concentrazione del cannabinoide prevalente che se è cannabidiolo (CBD), sostanza non stupefacente, avrà un rapporto che sta tra 25:1 e 30:1 tra CBD e THC. Nessun genetista fino ad ora è riuscito ad ottenere una pianta che si comporti diversamente. Ciò significa che per rispettare il limite dello 0,3% di THC la concentrazione massima di CBD dovrà stare tra l’8 e 9%. Solo nel caso delle varietà a prevalente contenuto di cannabigerolo (CBG) questo rapporto con il THC non c’è ed il valore sopra indicato non è presente. Sino ad ora, quasi tutte le varietà a CBG non superano il limite massimo anche dello 0,2% di THC.
  1. L’uniformità tra gli individui la si ha al massimo livello quando si utilizzano le talee. Questo carattere è sempre legato al fatto che geneticamente il clone è identico alla madre da cui è stato derivato e per questo morfologicamente e chimicamente la pianta sviluppata da clone sarà come una fotocopia della madre. Va detto comunque, che la tecnica di allevamento può avere un rilevante effetto anche sulla pianta clonata e ciò può dipendere dall’epoca di trapianto, il livello di concimazione, la frequenza ed il livello di irrigazione, la temperatura e gli attacchi parassitari.
    Con il seme entra in gioco la combinazione genetica dei due soggetti che hanno dato origine al seme, che sono la pianta impollinante e quella portaseme. Quest’ultima è sempre femminile, mentre quella che fornisce il polline può essere a sua volta geneticamente femminile, il cui sesso è stato revertito mediante un trattamento ormonale che ha alterato il suo equilibrio sessuale. In questo modo si riesce a produrre polline fertile da una pianta femminile che fecondando il fiore della pianta portaseme origina il seme. La piantina ottenuta da questo seme sarà a sua volta femminile. Per le coltivazioni in cui si desidera raggiungere elevate concentrazioni di cannabinoidi e di terpeni è indispensabile prevenire la formazione di seme nella coltivazione e per tale ragione il polline geneticamente maschile non deve mai essere presente nelle coltivazioni di canapa che sono destinate a produrre biomassa o fiori.
  1. La produzione di canapa è decisamente superiore quando le piante sono originate da seme rispetto a quella che si ottiene con l’impiego delle talee. Il motivo principale è la struttura e la dimensione dell’apparato radicale che si viene a formare. Con la piantina originata da seme si ha una radice fittonante la cui profondità può arrivare ad oltre 1,5 m. Il profilo di terreno esplorato e notevolmente maggiore e nel caso di presenza di falda superficiale, la radice profonda aiuta la pianta a superare periodi siccitosi, richiede un numero inferiore e meno frequente di interventi di irrigazione. Le talee hanno radici avventizie che sviluppano più lentamente e prevalentemente in superficie.
  2. La resistenza ad attacchi parassitari è sensibilmente superiore nel caso in cui la pianta sia robusta e ben sviluppata come quella supportata da un sano apparato radicale prodotto dalla piantina ottenuta dal seme. Nella talea, Il punto da cui si sviluppano le radici non rimargina mai completamente è questa rappresenta una via di entrata per funghi vascolari molto pericolosi come fusariosi e tracheomicosi. La pianta quando ha l’apparato radicale completo e ben sviluppato è in grado di produrre nella giusta misura gli ormoni che agiscono sull’accrescimento della pianta per questo, una pianta originata da talea sarà sempre più piccola e meno robusta di una originata dal seme. Con l’uso di talee si deve anticipare di alcuni giorni l’epoca di trapianto perché la fase di vegetazione e la durata complessiva del ciclo di sviluppo della pianta si allunga e comunque, al termine del ciclo la taglia della pianta sarà decisamente più bassa di quella generata dal seme.
  3. Con il seme, la programmazione della preparazione delle piantine da trapiantare è molto più semplificata rispetto a quella richiesta per le talee. Infatti, la preparazione e lo sviluppo delle madri da cui ottenere le talee deve essere avviata subito dopo l’inverno, in un periodo dell’anno in cui è necessario evitare la fioritura perché il giorno è ancora corto e perciò anche i costi energetici sono superiori. Gli spazi in serra a disposizione sono maggiori per l’allevamento delle madri che devono raggiungere per tempo la dimensione richiesta per fornire un numero elevato di talee. Con il seme è semplicemente necessario predisporre le semine 30-40 gg prima del momento del trapianto e l’operazione di semina può essere meccanizzata ed ha un costo sensibilmente inferiore a quello richiesto per la preparazione delle talee.
  4. L’ambiente e la tecnica di radicazione delle talee è molto più complesso in quanto serve un ambiente con temperatura controllata (ottimale 25°C) e la regolazione dell’umidità ambientale molto precisa (90% U.R. nei primi giorni e 80-85% U.R. nei seguenti 15 – 20 gg). Per la produzione di talee può aiutare l’applicazione di trattamenti ormonali che stimolano l’emissione delle radici e questi ormoni poi persistono a lungo nella piantina creando interferenze e squilibri di sviluppo anche problematici. Il seme richiede anch’esso una temperatura di circa 25°C per germogliare, ma la gestione dell’umidità ambientale è meno rigida ed una serra normale può assolvere all’esigenza di questa operazione.
  5. L’uniformità delle piante e del fiore è stato uno dei punti deboli delle piantine ottenute da seme. In questi ultimi tempi i produttori di questi materiali si sono specializzati ed hanno individuato le soluzioni che hanno migliorato sensibilmente l’uniformità delle coltivazioni derivate da piantine ottenute da seme. Va aggiunto che per la produzione della biomassa questo aspetto è pressoché irrilevante ed anche una certa variabilità morfologica delle piante è tollerabile. Nel caso di coltivazioni destinate a produrre fiori, l’aspetto della uniformità può essere importante, ma almeno alcune aziende, come ad esempio Canvasalus ha delle linee che attraverso la loro combinazione consentono di raggiungere livelli di uniformità molto vicina a quella che si ha con le talee.
  6. Il costo finale delle talee è sempre superiore a quello delle piantine ottenute da seme e quest’ultimo può essere prodotto in quantità elevate e così ottenere lotti importanti che conservati adeguatamente consentono di disporre delle stesse varietà per molti anni (anche più di 10) mentre le madri devono essere rinnovate ogni 6 mesi e nel frattempo rischiano di ammalarsi, indebolirsi e se ad esempio vengono infettate da virus o dal famigerato viroide del luppolo, la trasmissione a tutte le talee derivate sarà garantita e così il rischio di diffondere patologie gravi e pericolose, con la riproduzione vegetativa è massima, specie se la loro provenienza è estera.

Dottor Giampaolo Grassi, già primo ricercatore del CREA-CIN di Rovigo, oggi lavora per Canvasalus

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