Riscoprire la canapa per il futuro dell’industria sostenibile e della medicina: intervista al dr. Kander della Thomas Jefferson University

Canapa economia e politica Innovazione e altri usi //
In questo articolo
1 / Lo studio per riscoprire la canapa
2 / Intervista al Dottor Ron Kander della Thomas Jefferson University

Per secoli la pianta di canapa è stata utilizzata e sfruttata in diversi settori grazie alle sue numerose proprietà terapeutiche e benefiche per l’organismo e al suo essere una risorsa sostenibile e rinnovabile. Tuttavia, per più di 50 anni, il suo uso negli Stati Uniti — così come in Italia — è stato severamente limitato a causa delle normative ingiustificate che ne hanno limitato l’utilizzo e le applicazioni.

Negli ultimi anni, però, la situazione sta lentamente cambiando, almeno oltreoceano, dove il Farm Bill del 2018 ha regolarizzato e normato gli utilizzi della canapa separandola ufficialmente dalla cannabis. Tale evoluzione è stata guidata principalmente da tre fattori: la crescente domanda dei consumatori di prodotti creati da risorse rinnovabili; una migliore comprensione della composizione fisica e chimica completa della pianta; e una nuova consapevolezza in merito agli usi industriali e medici della pianta e dei suoi derivati.

Tra i nuovi studi che pongono al centro la pianta di canapa e le sue numerose applicazioni industriali c’è quello condotto dalla Thomas Jefferson University di Philadelphia.

Lo studio per riscoprire la canapa

Guidato dal Dottor Ronald Kander, responsabile del Kanbar College of Design, Engineering and Commerce, uno dei dipartimenti universitari coinvolti nel progetto, lo studio si è focalizzato in particolare sui materiali compositi sui processi di produzione sostenibili.

“Dal 2017”, spiega il Dottor Kander, “i ricercatori della Thomas Jefferson University hanno perseguito quattro obiettivi: far progredire le conoscenze scientifiche di base sulla canapa e sui suoi componenti; esplorare dove la canapa potrebbe essere una materia prima più economica o più efficace per i prodotti esistenti; ideare e creare prodotti biomedici e manifatturieri completamente nuovi; e definire mercati e catene di approvvigionamento sostenibili per quegli stessi prodotti”.

Per saperne di più, approfondire il tema e scoprire le ultime novità, lo abbiamo intervistato.

Intervista al Dottor Ron Kander della Thomas Jefferson University

Il dottor Ronald Kander della Thomas Jefferson University

Questo studio è stato sviluppato grazie alla collaborazione di un team interdisciplinare di ricerca e sviluppo e ha dimostrato come la canapa potrebbe essere una preziosa risorsa in più di un settore. Potrebbe dirci qualcosa in più sulle persone e sui dipartimenti coinvolti?
Qui, al Kanbar College of Design, Engineering, and Commerce della Thomas Jefferson University, abbiamo specializzazioni incentrate su design, ingegneria e affari: tutte discipline che sono state coinvolte nel nostro progetto legato ai materiali derivati dalla canapa. Tra i dipartimenti sono stati coinvolti in particolare quelli di Mechanical Engineering, Textile Engineering, Industrial Design, Textile Design, Textile Technology e Business. Il lavoro è stato svolto da un team collaborativo di docenti, studenti neo-laureati e studenti universitari.

Dove hanno portato i vostri sforzi? Cosa avete scoperto e/o cosa avete creato?
I progetti hanno spaziato dallo sviluppo di nuovi usi per la biomassa di canapa di scarto fino alla conversione della fibra di canapa in materie prime più facilmente utilizzabili da sfruttare nella produzione di prodotti di consumo e industriali. A questi si sono aggiunti gli studi sulla trasformazione della biomassa di canapa in fibre di rinforzo bio-derivate di alto valore e polimeri compostabili e biodegradabili. Negli ultimi 6 anni, con il supporto dei nostri partner industriali, abbiamo richiesto 5 brevetti.

Dal punto di vista medico, questi prodotti possono includere superfici di lavoro resistenti alle infezioni da stafilococco e virus MRSA. Può dirci qualcosa di più sulle proprietà antimicrobiche di questi prodotti?
Uno dei brevetti che è stato pubblicato riguardava la conversione del biochar di canapa in un materiale carbonioso attivo destinato a superfici con proprietà antimicrobiche per, tra le altre cose, controllare l’odore e la crescita batterica, per esempio.

Questa soluzione potrebbe essere utilizzata in altri ambienti, come cucine domestiche o ristoranti? Quali sono, insomma, le altre potenziali applicazioni di questo nuovo prodotto?
Sì, ci sono molte potenziali applicazioni come quelle che riguardano l’abbigliamento sportivo, l’equipaggiamento militare o di primo soccorso, ma anche i prodotti per la pulizia della cucina e persino applicazioni mediche.

Lo studio è stato condiviso sul magazine dell’università nel 2021. Come sta procedendo? A che punto siete con lo sviluppo del progetto? Può dirci di più su quello che sta succedendo e su cosa vi state concentrando al momento?
Al momento ci stiamo concentrando su due specifiche aree di progetto. La prima è aiutare alcuni dei nostri partner a sviluppare questi processi su larga scala, quindi puntando a volume sufficiente per dimostrare la fattibilità economica su scala commerciale. La seconda è lavorare su alcuni progetti di ricerca di base più a lungo termine, per dimostrare come la biomassa di canapa possa essere trasformata in bioderivato di fibre di rinforzo e polimeri per applicazioni composite che utilizzano processi economicamente sostenibili.

Secondo lei, quali sono le difficoltà nello sviluppare un progetto di questo tipo e, in generale, i progetti legati alla canapa?
Ci sono due grandi sfide. La prima è educare il pubblico sulla differenza tra canapa industriale e marijuana. L’impiego di biomassa di canapa come materia prima per la produzione di prodotti industriali e destinati ai consumatori deve essere logicamente separato dall’uso medico e ricreativo di CBD e THC. La seconda è l’istituzione di catene di approvvigionamento locali e regionali affidabili che colleghino gli agricoltori ai produttori in modo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale.

Crede che la situazione stia cambiando?
Sì, la recente attenzione alla sostenibilità e alla salvaguardia delle economie locali ha reso la canapa sempre più attraente, almeno tra le scelte di materie prime rinnovabili. La pianta ha infatti un forte potenziale di sostenibilità ambientale e lo sviluppo di filiere regionali per la lavorazione della biomassa di canapa contribuirà a obiettivi di sostenibilità economica e sociale più equi.

Attualmente sta lavorando ad altri progetti legati alla canapa? Quali sono i prossimi passi e obiettivi?
Oltre a quanto già detto, stiamo iniziando anche noi a cercare nuovi modi per effettuare calcoli quantitativi legati alla sostenibilità utilizzando strumenti di valutazione del ciclo di vita (LCA) come openLCA e SimaPro. Questi strumenti LCA ci permetteranno di dimostrare quantitativamente l’impatto positivo, dal punto di vista ambientale ed economico, dei materiali e dei prodotti derivati ​​dalla canapa, così da aiutare l’industria a porre le basi per gli investimenti per la transizione a queste materie prime.

Guardando al futuro, quali sono le sue previsioni? Come cambieranno le cose, secondo lei?
Il futuro è davvero luminoso. Man mano che il pubblico diventa più informato sulla differenza tra canapa industriale e marijuana e i benefici di sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’industria della canapa diventano più evidenti, mi aspetto di vedere uno spostamento significativo verso l’utilizzo della biomassa di canapa come materia prima rinnovabile nella produzione di prodotti di consumo e industriali.
Inoltre, ho notato che l’attuale generazione di studenti universitari, così come anche gli studenti neolaureati, è molto incuriosita ed entusiasta per quanto riguarda quest’area di ricerca ed è desiderosa di contribuire allo sviluppo di questo settore emergente. I giovani non solo vedono opportunità di carriera promettenti, ma vogliono anche contribuire a qualcosa che aiuterà la sostenibilità della nostra società e della popolazione. Penso che il più grande contributo della nostra ricerca sia questo: giovani professionisti che saranno quelli che faranno avanzare questo settore molto tempo dopo la conclusione dei nostri progetti di ricerca.

Martina Sgorlon

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