Canapa e officinali: decreto annullato, una vittoria dal basso che libera l’uso di tutta la pianta

Canapa economia e politica Canapicoltura CBD e cannabis light //
In questo articolo
1 / Canapa e officinali: decreto annullato
2 / Decreto annullato: la sentenza del Tar a favore dell'uso dell'intera pianta
3 / Anche secondo l'Onu la canapa va usata nella sua interezza

Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dalle associazioni di settore e ha annullato il decreto sulle piante officinali che limitava la produzione di canapa a semi e fibre: per la prima volta un tribunale mette nero su bianco che non si possono limitare gli usi della canapa ad alcune parti per un generico principio precauzionale che va invece motivato con dati scientifici.

Tradotto: la canapa viene liberata anche in Italia, avvicinandola alla normativa europea e autorizzando di fatto l’uso dell’intera pianta. E’ una vittoria che nasce dal basso, grazie al coraggio delle associazioni Canapa Sativa Italia, Sardinia Cannabis, Resilienza Italia onlus e Federcanapa e alla competenza dell’avvocato Giacomo Bulleri che ha affiancato lo studio Legance di Roma.

Canapa e officinali: decreto annullato

“La legislazione nazionale di ciascuno Stato membro può limitare l’uso di parti della pianta solo se tale limitazione è strettamente necessaria per tutelare il diritto alla salute pubblica” si può leggere nella sentenza, con l’avvocato Giacomo Bulleri che ha commentato così: “In altre parole, è necessario, in casi come quello in questione, che l’amministrazione fornisca un’adeguata spiegazione delle esigenze prioritarie di tutela della salute e di precauzione, fornendo i dati scientifici che dimostrano l’effettiva esistenza di un rischio derivante dalla coltivazione delle piante di canapa nella loro interezza (cioè semi, derivati dei semi, foglie e infiorescenze da cui è stata estratta la resina)”.

Ora che il decreto è annullato i ministeri competenti dovranno riesaminare il provvedimento: intanto le limitazioni che impedivano ad esempio alla canapa di essere venduta in erboristeria o potenzialmente di essere iscritta come prodotto da fumo tecnicamente decadono, anche se per tutelare il settore, servirebbero dei correttivi legislativi ad hoc per la canapa che le associazioni chiedono da tempo, proprio per poter lavorare all’interno della legalità. “La soddisfazione è stata quella di far capire a un tribunale per la prima volta quale sia l’impianto normativo della canapa che il Tar ha dimostrato di aver colto con una sentenza che è sostanzialmente in linea con quella del Consiglio di stato francese”, sottolinea Bulleri a Canapaindustriale.it spiegando che: “La sentenza sarà intanto un riferimento per i lavori aperti come i tavoli di filiera e poi i ministeri dovranno riunirsi per adottare un testo sulle officinali che tanga conto delle indicazioni del Tar sull’uso dell’intera canapa”. Quindi la canapa non è automaticamente legittimata nella sua interezza come pianta officinale, finché non lo dirà la legge che andrà corretta, a meno che la sentenza venga appellata dal ministero al Consiglio di Stato.

Decreto annullato: la sentenza del Tar a favore dell’uso dell’intera pianta

Il Tar però non si è limitato ad annullare il comma incriminato del decreto, ma ha espressamente citato sia la recente sentenza del Consiglio di stato francese, che ha di fatto reso legale il commercio di CBD e cannabis light in Francia, sia la sentenza della Corte di Giustizia europea che sottolineava che i prodotti legali a base di CBD di uno stato membro devono poter circolare liberamente in tutta Europa.

Riguardo al fatto che la canapa possa essere utilizzata nella sua interezza scrive che: “Non è dato evincere alcuna distinzione tra le parti della pianta di canapa liberamente coltivate, ai sensi della legge citata n. 242/2016, che possono essere utilizzate per le finalità stabilite dalla legge medesima. La disciplina di settore di matrice internazionale e comunitaria chiarisce, infatti, che il criterio discretivo per stabilire la libera coltivazione della canapa risiede nella tipologia di pianta, considerata nella sua interezza“.

Ma fa anche un passaggio in più parlando espressamente delle infiorescenze: “In estrema sintesi, il Conseil d’Etat, pronunciandosi sulla legittimità del provvedimento nazionale di divieto, sottolinea, anzitutto, che una siffatta misura restrittiva deve essere giustificata alla luce dell’obiettivo di sanità pubblica perseguito e risultare proporzionata ai rischi per la salute connessi alle sostanze vietate, osservando, in proposito, che i suddetti rischi dipendono dalle quantità di THC effettivamente ingerite a seconda dei prodotti consumati e dei modelli di consumo, così da concludere che, allo stato dei dati scientifici, il consumo delle foglie e dei fiori delle varietà di cannabis con un tenore di THC inferiore allo 0,3% non crea rischi per la salute pubblica tali da giustificare un divieto generale e assoluto della loro commercializzazione”. Per poi puntualizzare che: “Le considerazioni espresse dal massimo organo di giustizia amministrativa francese risultano ugualmente valide per la risoluzione dell’odierna vicenda contenziosa, nella misura in cui, nell’esercizio del potere discrezionale, ciascuno Stato membro è chiamato, in virtù dell’assoggettamento ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, ad applicare – nel quadro della politica agricola di rilievo sovranazionale – il corretto bilanciamento tra l’interesse alla tutela della salute pubblica ed i principi eurounitari di proporzionalità e di precauzione nell’adozione di misure restrittive alla libera circolazione dei prodotti agricoli”.

Anche secondo l’Onu la canapa va usata nella sua interezza

La Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD), agenzia che fa parte dell’ONU, ha pubblicato un rapporto speciale sulla canapa industriale, che si concentra su come le economie in via di sviluppo possano “sfruttare il suo potenziale economico e sociale”. Secondo il rapporto dell’UNCTAD, “un approccio cosiddetto “whole-plant”, basato sullo sfruttamento di tutte le parti della pianta, dovrebbe essere al centro di qualsiasi strategia di sviluppo settoriale”. “Questo approccio potrebbe facilitare la creazione di filiere produttive in grado di contribuire alla crescita delle aree rurali, dell’industria manifatturiera e dell’industria di trasformazione alimentare”.

Mario Catania

Altri articoli che potrebbero interessarti...